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Pagina 26 - I talk-show


Arrabbiarsi e addormentarsi
Talk-show politici: quando i giornalisti non hanno professionalità ci si addormenta presto.

I Talk-show politici e di cronaca sono il prodotto televisivo meno costoso da produrre per una rete. Pare che tra radio e tv in Italia se ne possono vedere o ascoltare circa 150 lungo tutto l’anno. Il teatro è sempre quello e quindi i costi si ammortizzano nel tempo. Gli ospiti (politici e di cronaca) in genere vengono gratuitamente per vendersi al meglio. In primis i politici ma anche buona parte del vippame e attorame  in genere.  Nei Talk-show gli unici che costano assai sono i conduttori. I Talk-show politici e di cronaca hanno avuto un ruolo fondamentale nel creare l’italiano medio perfettamente stronzo. Una volta c’era la caciara dei quattro amici al tavolino del bar. Adesso la maleducazione di parlare in dieci contemporaneamente la trovi  dai consigli comunali alla riunione condominiale passando per l’assemblea sindacale o quella studentesca. Il Renzi li ha recentemente gibollati di brutto: fate meno audience di Rambo. Numericamente ha ragione.
La viperetta Scanzi su Renzi ha scritto che (il Renzi) criticando gli ascolti altrui, dà per scontato di essere il toccasana dello share. Renzi non droga più gli ascolti. Prosegue viperetta scrivendo che Renzi funzionerebbe in tivù se accettasse di confrontarsi con giornalisti critici, ma non lo fa.
Il fatto è che nel panorama giornalistico italiano, solo viperetta si giudica  un “giornalista critico” mentre il 99% dei colleghi sarebbero tutti chierichetti del Renzi. Inginocchiati ai suoi piedi a menare il turibolo coll’incenso.
Il problema dei Talk-show politici e di cronaca è che il prodotto nasce già scadente perché scadenti sono i mezzi e gli autori.

I Talk-show politici e di cronaca sono diventati insopportabili  perché sono troppi, malfatti, troppo lunghi, troppo superficiali. Chi legge 2-3 quotidiani nazionali, ascoltando un  talk-show politico gli viene l’orticaria e spegne la tivù.
Infatti i Talk-show meglio riusciti sono brevi, con pochi argomenti (diciamo pure: UN SOLO argomento), con  uno-due intervistati dopo una accuratissima preparazione dell’intervista.
Poi, lo si vede anche nei migliori, la professionalità resta sempre modesta quando vogliono trattare l’universo mondo. Ovvio che sia così.
Del resto si nota p.e. come una televisione con 150 Talk-show non ne abbia uno sull’Europa. Uno sul Mediterraneo. Uno sugli USA o la Russia o la Cina. Il mondo è un mero accidente : “gli esteri” per la televisione e per i Talk-show: proprio mentre buona parte dell’Italia che regge il paese circola alla grande per il mondo.
Che la TV sia plasmata e si faccia benevolmente plasmare dalla politica è evidente e proprio la discrasia tra la potenza del mezzo e la modestia del prodotto sta alla base del crollo nella banalità dei Talk-show politici e di cronaca e nel pericoloso contributo che questi danno a peggiorare i livelli di  convivenza nel paese.
Non basta un giornalismo di onesti e preparati professionisti. Occorre anche gente competente perché oggi gli ascoltatori non sono a zero come 30-50 anni or sono quando nasceva la  tv moderna. Non vai a parlare di IVA da parte di un giornalista che l’ha presa in mano quattro ore la settimana scorsa davanti a una platea di italiani dove ci sono 30 milioni di partite iva. Nessuna televisione ha spiegato il groviglio di interessi contrapposti che s’aggirano nel nord Africa e nel Medio Oriente dove pare tutto il caos nasca per caso.
Ecco, forse la televisione ha bisogno di un periodo di liberazione  di un centinaio dei 150 talkshow attuali, partendo dapprima con quelli dove compaiono più di due invitati. Le stesse redazioni che adesso lavorano di vikipedia per preparare 24 interviste per una trasmissione di 4 ore meglio farebbero a lavorare per preparare 3-4 interviste.  Alla fine i Talk-show politici e di cronaca si sono ammazzati da soli perché gli stessi personaggi e le stesse domande si ripetono circolarmente sulla rete A, la B, la C e via fotocopiandosi l’un l’altra.
Quindi ha ragione Renzi?. No. Perché è inutile che la RAI abbia 25 canali nei quali ¼ del prodotto è sempre lo stesso. Dove l’unica professionalità è quella del porgere il gelato oppure porgere un gelato con le lamette nascoste dentro. Dove non si sa mai a che serva il canone. Che potrebbe produrre (quasi) tutto da sola e invece largo agli appalti.

RAI3  da mettersi le mani nei capelli. Ad averceli.




Probabilmente Massimo Giannini a Repubblica aveva compreso che per lui non c’era, a breve, nessuno spazio per avanzare e quindi ha accettato un ottimo compenso ed il passaggio alla televisione di stato. Oggi come oggi credo che non passerebbe alla RAI, compenso a parte.
In un programma prolisso (va avanti fino a mezzanotte, ma spesso alle 23 il dibattito già langue), costretto per definizione ad avere quasi sempre gli stessi ospiti che trattano gli stessi temi sempre con le stesse parole, anche uno scambio colorito tra gli ospiti, gestito nel modo giusto, può servire ad allentarne la frequente ed insostenibile pesantezza e lentezza.
Insopportabile la banalità della direttrice del TG3 Berlinguer. Un prodotto (il TG3) contraddittorio realizzato da fedelissimi di questo o quel politico: quando li vedi comparire in video sai già che faranno un filotto al rispettivo politico di riferimento. Poi si lamentano se il politico di rifermento si lamenta della scarsa fedeltà. RAI3 è il tipico prodotto per il “sinistro” che non legge. Quello che ha bisogno di chi l’imbocca. Gli da la dritta. Non lui solo: anche il Renzi e molti suoi fedelissimi pensano alla RAI come alla balia per il popolo bove. La RAI ed anche RAI3 hanno gli occhi sulla nuca. La tragicomica di RAI3 si conclude nelle edizioni regionali, a direzione leghista. Una repubblica a parte.



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