Bosnia: Hanefija Prijić “Paraga” é stato estradato in Italia, uccise tre
pacifisti italiani nel 1993.
Simone
Benazzo 14 dicembre 2015
Da Sarajevo – , in arte
“Paraga”, sarà
estradato per essere giudicato in Italia. La settimana
scorsa, il tribunale di Dortmund
ha accolto la richiesta dell’Italia, respingendo la versione della
difesa che sosteneva come il proprio assistito non potesse essere inquisito due
volte per lo stesso delitto.
Per la giustizia italiana, infatti, sembra non si
tratti dello stesso delitto. Non sarà per il semplice omicidio
dei tre attivisti Sergio Lana, Guido Puletti e Fabio
Moreni che sarà allestito il processo. Sulla vicenda di
Paraga, comandante dell’unità paramilitare bosgnacca che uccise tre pacifisti
italiani nel 1993, non è mai stata fatta pienamente luce. L’abbiamo ricostruita – fatti e
interpretazioni – il mese scorso in occasione dell’arresto
subito da Prijic al suo atterraggio presso l’aeroporto di Dortmund.
Il primo processo, iniziato a Travnik nel 2001, si concluse con la condanna di Prijić il 3 aprile
del 2002 a 13 anni di carcere presso
Zenica. Ma quest’ultimo non ha mai rivelato né gli esecutori materiali dell’eccidio, né i mandanti. La prima
scelta potrebbe essere dettata dal puro cameratismo militaresco del comandante
verso i sottoposti, ma la seconda? Perché
portare nel bosco e dare l’ordine di fucilare cinque stranieri inermi, già
completamente defraudati di soldi, mezzi di trasporto e aiuti umanitari? A
che scopo correre il rischio di attirare stampa e opinione pubblica
internazionali, mettendo in cattiva luce la propria fazione? Cui prodest? La giustizia
italiana intende probabilmente chiarire questi aspetti oscuri che, pur senza
evocare infondati complottismi, rendono oggettivamente la vicenda un unicum nel
conflitto bosniaco. Voci non confermate dicono che il processo dovrebbe tenersi
a Brescia, città di provenienza di Guido Puletti e Sergio Lana, due delle
vittime. La difesa può comunque ancora presentare ricorso.
Senza aspettare l’arresto di Paraga, qualcun altro si era già mosso.
Luca Rastello de LaRepubblica (oggi
scomparso), nel suo libro“La Guerra in
casa”, racconta dell’episodio e ne tratteggia le possibili
motivazioni. Ma, soprattutto, dietro l’insistenza italiana, ci potrebbe essere
un antefatto.
L’anno scorso, l’Associazione Guido Puletti
pubblicò un dossier con l’intento esplicito di far riaprire le indagini: “Riteniamo degna di approfondimento l’ipotesi che l’ordine
dell’eccidio sia partito da centri di potere a Roma, che l’obiettivo fosse
l’uccisione e l’occultamento dei corpi di tutti e cinque gli italiani, che
l’obiettivo politico fosse il
coinvolgimento militare italiano nel conflitto bosniaco a pari delle forze
inglesi e francesi”. A pensar male si fa peccato, ma spesso, in Italia,
non c’è altro modo di scoprire i peccatori.
L’arresto del criminale Hanefija Prijić “Paraga”.
Da
SARAJEVO – Il 28.10.2015 è stato arrestato all’aeroporto
di Dortmund Hanefija Prijić, cittadino
bosniaco classe 1963, ritenuto responsabile dell’eccidio di Gornji Vakuf del
29 maggio del 1993, in cui vennero uccisi tre volontari italiani. Prijić era
stato condannato al carcere, ma attualmente stava beneficiando di un regime di
semi-libertà. Secondo il giornale sarajevese Dnevni avaz, la Germania starebbe vagliando la
possibilità di estradizione in Italia.
I
fatti
Quel
giorno un convoglio di attivisti italiani sta attraversando la Bosnia centrale,
percorrendo laDiamond Route.
Provenienti da Spalato, sono diretti al
villaggio di Zavidovici per portare viveri. Sul primo camion,
contrassegnato da simboli della Croce Rossa, viaggiano Fabio
Morenie Sergio Lana. Segue un
fuoristrada con le scritte “Press” e “Caritas”, a bordo Agostino
Zanotti, Guido Puletti e Christian Penocchio.
Trasportano anche documenti, certificazioni e cospicue somme di denaro. Hanno infatti
contrattato con autorità croate, bosniache e ONU l’evacuazione di circa
quaranta vedove e dei loro figli.
Sul monte
Vidovan vengono
fermati e fatti scendere dai veicoli. A fermarli è una truppa di miliziani, le
cui spille sui berretti verdi con mezzaluna e stella ne certificano
l’appartenenza aduna banda militare bosniaco-musulmana. A capo di questa truppa Hanefija
Prijić, comandante appunto della 317esima brigata dell’Armija
Bih. Diverrà famoso con il suo soprannome: “Paraga”, come il famoso capo ustascia croato. Può sembrare paradossale che un
ufficiale musulmano abbia un soprannome ustascia, ma si tratta di un omaggio
alla milizia estremista croata rimasta a combattere contro i propri
connazionali. Gli attivisti vengono defraudati dei propri documenti, del
materiale umanitario e del denaro. Ma non si tratta solo di una normale rapina.
I
cinque volontari vengono sequestrati e condotti in marcia dentro il bosco. Durante il tragitto iniziano a
sospettare che l’obiettivo dei militari sia quello di ucciderli. Giunti ad una
miniera abbandonata, Hanefija Piric ne ordina la fucilazione.
Moreni (1954) e Puletti (1964) muoiono all’istante, mentre gli altri tre si
danno alla fuga. Lana (1972) viene freddato, mentre scappa ferito nella
foresta. Miglior fortuna hanno Zanotti e Penocchio: il primo si getta nel
fiume, il secondo si nasconde tra i cespugli. Il giorno seguente Zanotti
incontra le truppe dell’Armija bosniaca e inizia le ricerche dei compagni,
convinto che siano ancora in vita. Urla nel megafono i loro nomi e distribuisce
bigliettini informativi agli abitanti dei villaggi vicini. Nel pomeriggio del
30 riesce a tornare sul luogo dell’eccidio con una spedizione perlustrativa di
corpi dell’Armija. Penocchio sente i richiami, ma, temendo che si tratti di una
trappola, rimane nascosto all’addiaccio un’altra notte, per poi raggiungere un
battaglione bosgnacco nella giornata del 31. Le testimonianze di entrambi sono state
decisive per la condanna di Prijić il 3 aprile del 2002 da parte di un
tribunale bosniaco a tredici anni di reclusione presso il carcere di Zenica.
Le
ipotesi
L’eccidio
del Vidovan e l’omicidio del pacifista Gabriele Locatelli, avvenuto
il 3 ottobre dello stesso anno a Sarajevo, rimarranno le
uniche uccisioni di civili stranieri non combattenti in tutto il conflitto
della ex-Jugoslavia. L’omicidio di tre pacifisti, completamente disarmati e già spogliati
di denaro e documenti, suscitò fin da subito forti dubbi. Circolano diverse
ipotesi riguardo ai mandanti e alle finalità di questo eccidio,
ben riassunte da Luca Rastello nel libro La guerra in Casa (Einaudi, 1998). Anche l’associazione
Guido Puletti ha presentato nel 2014 un dossier che chiama in causa ambienti governativi
e collaborazionisti neofascisti italiani, che avrebbero spinto per un
coinvolgimento maggiore dell’Italia nel conflitto.
L’arresto di Hanefija Prijić, avvenuto su
mandato di cattura internazionale italiano, potrebbe permettere di fare luce
sugli esecutori materiali e soprattutto sulle reali motivazioni di un gesto
finora rimasto senza spiegazioni.
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