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Pagina 75 - LaRepubblica e La nave di Teseo







La giornata odierna, 25 novembre 2015, resterà una data importante nella storia culturale economica e politica del nostro Paese per il cambio della direzione del quotidiano LaRepubblica e per la creazione di una nuova casa editrice da parte di alcuni  autori che abbandonano "Mondazzoli"  per fondare  "La Nave di Teseo". Torneò su questi argomenti più avanti con articoli specialmente dedicati. Di seguito gli articoli di Francesco Merlo e Mario Baudino sulla nascita della nuova editrice.








































































Umberto Eco & C. :"Siamo pazzi, diciamo addio a Mondazzoli"
Lo scrittore italiano insieme a Sandro Veronesi, Hanif Kureishi, Tahar Ben Jelloun non hanno accettato di pubblicare per il nuovo colosso controllato da Segrate, pur essendo tra i migliori della scuderia Bompiani. E hanno deciso, insieme ad altri autori, di seguire Elisabetta Sgarbi in una nuova avventura, "La nave di Teseo"
di FRANCESCO MERLO


Umberto Eco Il punto della massima chiarezza è stato anche quello della massima oscurità, quando, racconta Umberto Eco, "si sono incontrate per non capirsi Elisabetta Sgarbi e Marina Berlusconi", non donne incompatibili e incomunicabili per ideologia, ma per antropologia. È da quell'incontro che è nata " La Nave di Teseo", due legni arcuati e all'insù come simbolo, la nuova case editrice finanziata dagli scrittori, a partire dai due milioni di Umberto Eco che a 83 anni fa progetti con l'entusiasmo e i rischi di un ragazzo: "Perché il progetto è l'unica alternativa alla Settimana Enigmistica, il vero rimedio contro l'Alzheimer". Velleitari? "Peggio, siamo pazzi".

Ci mettono soldi anche un finanziere-scrittore, il dottor Brera ("sì, sono un parente alla lontana") e Jean-Claude Fasquelle, un altro giovanotto di 85 anni, l'enigmatico " grande vecchio" dell'editoria francese, noto per i suoi interminabili silenzi e per l’abilità nello schivare le interviste: lo chiamano "l’homme de l’ombre". E infatti anche adesso, qui in casa di Elisabetta Sgarbi non c’è né lui né sua moglie "perché stanno perfezionando l’uscita dal vecchio lavoro" dice Eco in tono protettivo. La casa di Elisabetta è ricca di cose belle ma non preziose, è il lusso che non luccica. E l’intervista è il contrario di una conferenza stampa: con un unico giornalista, povero e solo, e una bella folla di conferenzieri, colti e famosi.

Capitale totale della nuova casa editrice? "Dai cinque ai sei milioni". Dice Elisabetta: "Entro l’anno prevediamo 51 titoli". Precisa la direttrice amministrativa: "Il peggio è previsto fra tre anni". La sede sarà in via Jacini "generosamente messa a disposizione da Francesco Micheli". La distribuzione e i servizi commerciali? "Gruppo Feltrinelli e Messaggerie, grazie a Carlo Feltrinelli e a Stefano Mauri".

Di fronte a Eco ci sono Sandro Veronesi ed Edoardo Nesi. Accanto a Eco, come sempre, c’è Furio Colombo, un altro vecchio con i calzoni corti: "È una vita che io e Umberto ci dimettiamo, sin dagli anni Cinquanta. Io per esempio quando arrivò Berlusconi al governo lasciai l’Istituto di cultura italiana di New York". E poi c’è Sergio Claudio Perroni, il Cellini degli editor, lo scrittore appartato che non è certo un magnate. Dice Veronesi: "Io lo faccio perché tengo famiglia. Ai miei cinque figli voglio lasciare un’eredità importante, una case editrice infatti è molto più dei miei libri e può davvero cambiare il paese. Rischio i soldi, certo, ma ne vale la pena". Interviene ancora Eco: "Mio nipotino mi ha chiesto: Nonno, perché lo fai?. Gli ho risposto: Perché si deve" .
 
Ma non temete "l’effetto cooperativa", quell’angustia di orizzonti culturali da mensa dei poveri, da "alternativi" all’ultima cena? "Non siamo improvvisatori", dice Eugenio Lio, che è un altro azionista, il tecnico giovane, l’editore-talpa. Spiega: "Abbiamo una struttura professionale, mestieri, competenze, un presidente che è un commercialista, direttori e marketing. Siamo una società srl. Altro che cooperativa" .


Eco ammette che sanno di rischiare il magnifico fallimento. L’editoria infatti è il modo più elegante per dissipare i propri risparmi, magari in modo lento, ma sicuro. Inoltre in un’epoca non creativa, l’editore può essere destinato all’impotenza. Forse – osservo – un momento più brutto non potevate sceglierlo. Risponde Mario Andreose, che del catalogo della Bompiani è la storia, il Mendel di Zweig, l’artista che ha messo in opera le opere, da Brancati a Sciascia, da Campanile a Bufalino… Andreose crede nella catastrofe come risorsa e racconta che "Valentino Bompiani fondò la casa editrice nell’anno del crollo di Wall Street, nel terribile 1929". E viene fuori che “Zio Vale” era il nome alternativo a “La nave di Teseo”. Racconta Eco, che con Valentino ha lavorato: "Ci davamo del lei. Tutti lo chiamavano 'il dottore'. Ma dottore ero anche io. Per ovvie ragioni non potevo chiamarlo 'conte', come faceva la sua segretaria. Dunque gli dissi: "Io, in tutti questi anni, non l’ho chiamata mai e ora che vuoi il tu, ti chiamerò come i tuoi nipoti: zio Vale". Tra i nomi bocciati ci sono anche Cyrano, Caratteri Mobili, Renzo e Lucia, Garamond… Vasa "che è il nome – spiega Eco – di un galeone svedese, ma non è stato accettato perché la casa editrice sarebbe diventata ”il Vasa da notte” .

Azionisti sono anche Elisabetta Sgarbi, Mario Andreose ed Eugenio Lio, tre campioni di "un mestiere che non si impara" come spiegava bene Kurt Wolff ( Memorie di un Editore, Giometti& Antonello) al quale Kafka diceva: "La ringrazierò sempre di più per i libri che mi boccia che per quelli che mi pubblica". Dice Edoardo Nesi: "L’editore è una persona, non un’azienda. È un amico che ti segue e ti coccola, non un amministratore che firma contratti e stacca assegni. È il pastore delle tue opere: per 15 anni Elisabetta ha pubblicato libri miei che non avevano neppure l’ombra del successo, e senza mai rimproverarmelo. Non mi ha mai abbondonato. Come potrei non stare qui con lei, adesso? Come potrei non salire sulla Nave di Teseo?" .

Guardando Elisabetta, dico allora ad Eco: "Chi è Arianna?". E qui il semiologo prevale sul maestro di ironia: "Teseo è solo un pretesto, un nome come un altro. L’importante è la nave, non Teseo". Ed Elisabetta legge, come a teatro, il passo di Plutarco dove la nave di Teseo è quella che perde e sostituisce pezzi. Adesso nella bella stanza di casa Sgarbi è tutto un discutere di identità, che è il grande tema dell’architettura e delle città, è l’imbroglio delle religioni, e il rifugio delle migrazioni… A un tratto però Eugenio Lio dice pure che "Magris definisce Teseo colui che si alza e se ne va" . E a Eco piace: "C’è anche Magris tra gli autori Bompiani che sono pronti a seguire Elisabetta" . E Tahar Ben Jelloun racconta di un profumiere che aveva comprato la casa editrice che pubblicava i suoi libri: "Mi sono trovato senza un vero editore. Di che parlavo? Di fragranze, di nasi, di muschi? Elisabetta è un editore, la Mondadori–Rizzoli non è nemmeno un profumiere". Ma ecco che, in collegamento Skype, interviene in casa Sgarbi, nientemeno che… Michael Cunningham. Anche lui seguirà il filo di Arianna. E così Nuccio Ordine, con tutte le sue traduzioni di Giordano Bruno, il don Quijote e il Montaigne che ha venduto 15000 copie: "Un’enormità per un classico". E poi ci sono il triestino di Roma Mauro Covacich, la giovane e speciale neo-nevrotica Viola Di Grado, e Hanif Kureishi, che ha scoperto le periferie ben prima di Renzo Piano, e Lidia Ravera che sta volando ancora, e “l’abbandonologa” Carmen Pellegrino, la longseller Susanna Tamaro e, ça va sans dire, Vittorio Sgarbi, capra-capra-capra. Chiedo dei bestseller Paulo Coelho, Houellebecq e Piketty: "Mi sono dimessa stamattina, dammi il tempo di tessere il mio filo".

Ecco dunque che Teseo è anche un filo da seguire. Ed è labirinto la libreria, come insegna Borges. E in Teseo c’è l’idea dell’amicizia che è la vecchia Einaudi, la Sellerio di Sciascia… lo statuto morale di ogni casa editrice. Infine c’è il mare che è l’avventura, il pericolo ma anche il porto che mescola le identità. Domando: siete tutti di sinistra? Eco si gira e prende la mano di Pietrangelo Buttafuoco: "In questo momento, tu sei di destra o di sinistra?". E Buttafuoco: "Quando governa la destra sono di sinistra, quando governa la sinistra sono di destra". E racconta: "Il mio primo lavoro è stato il libraio. So dunque quanto fanno male le super concentrazioni alla diffusione dei libri".

Marina Berlusconi ha tentato di trattenervi? "Non ha capito – racconta Elisabetta – perché ce ne andiamo. E soprattutto non ha accettato la possibilità di una nostra autonomia editoriale e gestionale. Neppure comprende a cosa possa servirci. Eppure le abbiamo offerto in cambio l’opera omnia di Eco, di cui Mondadori vorrebbe fare il Meridiano". Eco racconta che rimarranno in mani nemiche Il nome della Rosa sino al 2020, e il Pendolo sino al 2018. Dice Veronesi: "Invece il mio Caos calmo è libero". E Buttafuoco: "Anche il mio Le uova del drago è libero". Dicono in coro Umberto Eco ed Elisabetta Sgarbi: "Non è contro Berlusconi che ce ne andiamo. Ed Elisabetta l’ha detto chiaro a Marina. Se il mega proprietario fosse Nichi Vendola o Fausto Bertinotti per noi non cambierebbe nulla". Elisabetta ha spiegato a Marina che cosa significa "l’appiattimento dell’identità per un editore" e perché "i libri dei grandi autori raramente sono usciti da imprese gigantesche e perché i movimenti letterari più importanti della storia sono stati sostenuti e sviluppati da piccole realtà editoriali…" . Dice Eco: "Qualsiasi cosa avesse detto, Marina non avrebbe capito".

E torna la contrapposizione dei tipi, che sono opposti per stile e per educazione, due donne- capitano che non possono stare sulla stessa barca, anzi sulla stessa nave, Elisabetta su quella di Teseo, il fragile e felice legno degli scrittori, e Marina sulla barca dell’industria culturale più grande e più decaduta d’Italia. E infatti l’una parlava di umanesimo cosmopolita e l’altra di azienda, l’una di autori da allevare e l’altra di vendite che non aumentano. Ed Elisabetta fa imbizzarrire Umberto Eco mentre Marina si consulta con Alfonso Signorini.

La libertà di Elisabetta significava l’autonomia della Bompiani, dalla quale non voleva proprio staccarsi, "perché
sono monogamica, non mi separo se non quando sono abbandonata". Crede nell’editore come lingua di un’epoca: tradurre e ristampare ma soprattutto scovare e covare. Inizierete presto a litigare? "Abbiamo smesso solo per te. Speriamo di ricominciare presto".





Elisabetta Sgarbi lascia Bompiani

e fonda “La nave di Teseo” con Umberto Eco

Ieri l’annuncio. Con lei il nucleo storico dell’editrice acquistata da Mondadori

MARIO BAUDINO
Bompiani addio. Elisabetta Sgarbi si è dimessa dalla casa editrice che ha diretto per molti anni, fino a identificarla fortemente col proprio nome, e parte per una nuova avventura con i più stretti collaboratori oltre a un bel numero di scrittori che ha contribuito a lanciare. Dopo tante indiscrezioni, ieri l’annuncio ufficiale: prende il mare (dei libri) «La nave di Teseo», a bordo Mario Andreose, Eugenio Lio, Anna Maria Lorusso, e cioè lo storico nucleo redazionale della Bompiani, ma anche fin da subito alcuni scrittori: Umberto Eco, Sandro Veronesi, Furio Colombo, Edoardo Nesi, Sergio Claudio Perroni, che faranno parte dell’azionariato, insieme a imprenditori come il finanziere milanese Guido Maria Brera e editori di antico lignaggio come Jean-Claude Fasquelle, alla guida fino al 2000 della casa francese abituale traduttrice di Eco; ora, a 84 anni, si lancia nella nuova avventura editoriale insieme con la moglie Nicky. 

«Abbiamo scelto di non avere nel capitale altre case editrici, in direzione di un’assoluta indipendenza - ci dice Elisabetta Sgarbi -. E pensiamo di aver creato una realtà di cui al momento, con le grande concentrazione in corso, c’è più che mai bisogno». Non è tuttavia, pare di capire, un gesto di pura reazione all’acquisto di Rcs libri da parte di Mondadori. Non una trincea contro Segrate, e forse neanche una fuga. Si sarebbe anzi discusso a lungo, anche per mesi, la possibilità che insieme con altri editori anche la Mondadori mettesse una piccola quota sulla Nave di Teseo, come altre case editrici. Alla fine è prevalsa la scelta di tenersi le mani libere. «Abbiamo deciso di essere una impresa di soli editori e autori - ancora la Sgarbi -. Autori che investono, e editori che fanno altrettanto». 

Tra i primi, ci sono i capofila, Umberto Eco in testa, del manifesto in cui la maggioranza degli autori Bompiani, oltre a nomi di Rizzoli come Dacia Marainima anche di altri gruppi e sigle, esprimevano la loro preoccupazione per quella che all’inizio dell’anno era ancora solo un’offerta d’acquisto da parte della Mondadori. Non per motivi soltanto «politici», ma soprattutto per il timore che un gruppo con 40% del mercato rappresentasse in sé una minaccia al pluralismo e alla concorrenza, insomma agli interessi dei lettori, della cultura e perché no degli scrittori stessi. Il fatto che questo gruppo appartenesse a Berlusconi non veniva certo ignorato, ma neanche troppo sbandierato, posto che nel perimetro Mondadori ci sono case editrici come l’Einaudi, non certo snaturate.  


L’acquisizione deve ancora ottenere il via libera dell’Antitrust, ma si tende a darlo per scontato. Tanto che meno di due mesi fa Roberto Calasso, la cui Adelphi era posseduta a maggioranza dalla Rcs libri, ha fatto valere la clausola che gli permetteva di ricomprarsi la quota di controllo, sottraendosi all’abbraccio di Segrate. Non proprio mortale ma, come poi spiegò con fair play, neppure troppo auspicabile. Ora è il turno, pur in altre forme dato che la Bompiani è un marchio di Rcs e non una controllata, di Elisabetta Sgarbi. 

Davvero non esistevano possibilità di convivenza? Il suo è un no alla filosofia editoriale di Mondadori, un vade retro? «Penso che Mondadori investa nei libri, e creda nei libri anche più della precedente proprietà, cioè di Rcs. Però le dimensioni di un gruppo come quello che si sta profilando mi hanno convinta che sia proprio il momento di puntare sull’autonomia e l’indipendenza assoluta. Senza contare il desiderio, da parte mia, di investire in prima persona». La nave di Teseo, mitico re di Atene, è secondo la tradizione quella che la polisgreca conservò gelosamente per un tempo indefinito, sostituendone di volta in volta i pezzi rovinati. Alla fine era tutta nuova, ma ancora sé stessa e antica. Può valere come una buona metafora dell’editoria di qualità? O magari diventare un piccola o grande zavorra all’acquisizione di Rcs, fino a mettere in discussione accordi già presi? 

Da Segrate filtra qualche voce di rammarico per il fatto che «Elisabetta Sgarbi non abbia accettato la nostra sfida professionale». Siamo a due concezioni del mercato diverse: da una parte l’idea che una frammentazione degli editori sia nella fase attuale dannosa, dall’altra quella che se la nave va, da sola magari è più veloce. Distribuita da Messaggerie, questa mitica nave esordirà coi primi titoli, assicura la Sgarbi, in tempo per il prossimo Salone del Libro, a Torino. Fra gli autori che già hanno dato la loro adesione, Tahar Ben Jelloun, Pietrangelo Buttafuoco, Mauro Covacich, Michael Cunningham, Viola di Grado, Hanif Kureishi, Nuccio Ordine, Carmen Pellegrino, Lidia Ravera, Vittorio Sgarbi, Susanna Tamaro. Sarà ovviamente Elisabetta Sgarbi direttore generale e editoriale. 






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