L’Orto Botanico a
Curno.
Un’occasione persa dai
piccini piccini politici indigeni.
Dal
1997 Curno ha un vasto spazio tra il centro storico e il centro commerciale, di
lato del Vivaio Forestale destinato a Orto Botanico. La destinazione della
zona, che nelle intenzioni doveva-dovrà sommarsi e unirsi a quella del vivaio
della Regione Lombardia, era quella di allestire, su progetto europeo ed con
fondi europei, di un Orto Botanico. Complessivamente le due aree ammontano a
circa sei ettari: si sarebbe quindi trattato dell’orto botanico di maggiori
dimensioni dell’intera regione.
La
definizione di “orto botanico” era ed è del tutto generica dal momento che
attraverso un concorso di progettazione internazionale, si sarebbero colti sia gli indirizzi generali
che i particolari concreti.
Un
concorso ancora tutto da costruire al tempo.
Vi
erano diverse idee, non ultima quella di recuperare tutte le varietà vegetali
destinate all’alimentazione, all’opera e all’arredo presenti nella terra
lombarda e fare diventare quell’area un campo scuola realizzato in forma
artistica piuttosto che in normali e banali appezzamenti in cui erano allevate
la varietà A col suo bel cartellino, la varietà B col suo bel cartellino, ecc.
ecc. modello tipico dei vecchi orti (anche quelli domestici: ma li c’era un
problema di disponibilità di spazi).
L’idea ce la scippano a Bergamo
Nel
1997 ovviamente non era neppure all’orizzonte l’idea che a Milano si sarebbe
potuta tenere un EXPO 2015 –
Nutrire il pianeta – Energia per la Vita e in quel periodo sia l’Orto Botanico di Bergamo che
Astino nemmeno erano dell’idea di EXPO
2015.
L’Orto
Botanico “Lorenzo Rota” di Bergamo si stava mettendo solidamente in piedi
cercando una propria strada con la direzione ben conscia che sebbene la posizione fosse invidiabile,
la microscopica dimensione del Lorenzo
Rota era castrante fin dall’inizio. Non era all’altezza di una città come
Bergamo.
Astino
era ancora un rudere abbandonato assediato dalla monocoltura maidicola.
Il
cambio di proprietà della vasta zona attorno al monastero passata dai privati
alla MIA ed il successivo restauro che pubblico e privati hanno investito il
monastero stesso lo ha condotto alla soglia di EXPO 2015 come occasione per
inserirsi nel corso di quella manifestazione, anche perché … le idee di riuso
tante ma i soldi disponibili assai pochi, in massima parte consumati dal
costosissimo restauro.
L’Orto Botanico nel
PRG di Curno
L’Orto
Botanico viene inserito nel PRG di Curno con una Variante da parte della Lega e
questo suscita immediatamente la reazione negativa del PCI che ormai aveva
delegato la sua politica urbanistica
all’attuale vicesindaco arch. Conti, figlio di un piccolo artigiano edile locale.
L’area
dell’Orto Botanico era-è di pertinenza
di una azienda agricola zootecnica sui cui edifici rurali –di forte
impatto strutturale- erano già allora fortemente concentrati gli interessi
edilizi di due soggetti politicamente assai schierati (sono anche della stessa
classe di nascita ) da secoli bene
addentro all’amministrazione comunale.
L’Orto
Botanico di Curno navigherà e sta ancora
navigando nell’ignavia se non nella piena avversione della politica
curnese. Io propendo per la seconda.
“Dipinto” sulla carta resterà per sempre tale, una sorta di foglia di fico a
mascherare le varianti edificatorie via
via introdotte nel piano secondo la consolidata prassi di stile democristiano
per cui l’edificazione va controllata e spartita “equamente” tra le
parti in gioco (male che vada si fa una crisi al comune…) mentre il verde –che
si chiami Orto Botanico o verde agricolo o Parco del Brembo- sono gli
specchietti per gli elettori-allodola.
Ne parlano sempre ma non muovono una
foglia.
Torniamo alla Valle
della Biodiversità
Invece l’avvicinarsi in parallelo di
EXPO 2015-Nutrire il Pianeta e la fine
dei lavori di restauro del Convento di Astino
indice gli attori della partita alla creazione di un segmento pro-Expo che si concretizza nella Valle della
Biodiversità (ed in altre iniziative piuttosto mondane dentro e attorno al
monastero).
La Valle della Biodiversità occupa un
campo a NO del monastero che si incunea verso la collina, nel cui bosco ci sono
ancora le gallerie per scavare il ferretto (una specie di pietra serena
colorata di rosso per la presenza di argilla) con cui vennero edificati sia il
monastero e probabilmente anche parte dei palazzi di Città Alta.
L’obiettivo annuale
è presentare nei 9.000 m2 a disposizione 300 specie con almeno 1500 varietà che
variano a seconda delle stagioni e delle programmazioni, dalle più rustiche
alle tropicali in vaso.
Il progetto è stato realizzato grazie all’Accordo di Programma
sottoscritto da Comune di Bergamo, Regione Lombardia, Parco dei Colli,
Fondazione Mia e Società Valle d’Astino, con numerosissime collaborazioni con
diverse realtà del territorio e il sostegno del Ministero delle Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali. E per sottolineare questo nuovo legame con il
patrimonio naturale, storico e culturale di Astino.
Dal 14 maggio 2015, giorno di inaugurazione, questo spazio è stato visitato
da 28.000 persone. L’intero complesso è stato
visitato da circa 80.000 persone.
Scrive il Corriere che per la MIA –a
fine ottobre 2015- è anche il momento dei bilanci: sono usciti 150 mila euro
per le mostre, 15 mila per gli eventi e 65 mila per il parcheggio (il cui
recupero ne costerà altri 30 mila); sono entrati 35 mila euro dalla Fondazione
Banca Popolare e 100 mila (il doppio del previsto) tra affitto e percentuale sugli
incassi. «I 125 mila euro che mancheranno in cassa sono soldi che siamo
contenti di avere speso per ridare Astino ai bergamaschi - assicura Bombardieri
(presidente della MIA, proprietaria di Astino)
-. Non so se anche l’anno prossimo ci sarà la ristorazione: aveva senso
legata all’Expo. E se riprenderemo i lavori non potremo far entrare la gente in
un cantiere. Ma un modo per tenere Astino aperto lo troveremo».
Ora cala il sipario dell’esposizione universale e l’ex monastero
tornerà visitabile nei fine settimana, finché le risorse lo permetteranno.
Fabio Bombardieri, presidente dell’Opera Pia Misericordia Maggiore (Mia), la
fondazione che detiene il 100% della Valle d’Astino srl, ha chiesto una proroga
per il parcheggio provvisorio. Ma il Parco dei Colli, che formalmente non ha
ancora risposto, sarebbe intenzionato a negarla, anche per dare un segnale
chiaro. La richiesta verrà rinnovata questa settimana alla prossima riunione
per l’accordo di programma sul futuro di Astino, che dovrebbe essere varato
entro fine anno. La Mia insisterà per la proroga in vista della costruzione di
un parcheggio definitivo «il più possibile ecocompatibile». Domanda numero uno:
è fattibile con le restrizioni del Parco dei Colli? Per «verde» che sia,
rimarrebbe sempre il poco ecocompatibile viavai delle auto.
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Delusione sommata a delusione
Come ci ha deluso (ma era prevedibile conoscendo gli attori e
gli interessi implicati…) l’abbandono da parte della politica curnese dell’idea
del nostro “Orto Botanico” ci ha deluso anche la Valle della Biodiversità.
A Curno i politici verdi, rossi e azzurri sono ben convinti che
con la “cultura non si mangia” tanto è vero che biblioteca e orto botanico sono
arenati mentre il piano del diritto allo studio, che distribuisce molti soldi
per trasporti libri corsi, quello è sempre bene “imbottito” . “Cultura” a Curno
sono gli autobus della Fiat, i
carburanti della Esso, i libri scolastici della Mondadori, i corsi per gli
handicappati delle varie coop bianche/rosse(rose/ ecc.
Dove i nomi Fiat o Esso sono puramente indicativi.
Della Valle della Biodiversità ci ha deluso la pochezza
complessiva.
Non sono mancati sopratutto i soldi ma soprattutto “il fai da te”
in questi campi ti manda a ramengo.
L’errore di fondo è quello di considerare l’orto botanico (e
tutto quel che ruota attorno) come un’aula scolastica per piccoli e adulti
curiosi. Poi c’è sempre da guadagnare qualcosa se in città arrivano scolaresche
o frotte di adulti curiosi.
La “moda”… che si legge benissimo (anche) nelle due signore
che visitano con cane al seguito: hanno
scambiato l’happyhour con la cultura. Per non parlare delle iniziative dentro
il monastero.
Tutta Astino è stata all’insegna dell’ambientalismo modaiolo.
Quello di RAI3-GEO.
Dalla banalità delle aiuole “sopraelevate” alla tremenda idea
della stradina fino ai due pre-fabbricati ornati/mascherati in stile finto
cino-jap. O il tondo con la scritta PAX:
boh?
Poi diciamo che sostanzialmente è TUTTO un falso.
Un falso perché oggi la coltivazione delle varietà non avviene
più come mostrate e realizzate in quel
posto.
Quel modello racconta la favola della massaia che si fa
l’orticello senza nemmeno sapere che piante pianta così com’è simile ai vasi di
verdure profumate che l’impiegata o la professoressa tengono sul balcone fuori
dalla cucina.
Nessuno di quegli 80mila visitatori probabilmente ha mai
mangiato un frutto coltivato in quel modo.
Li dentro non c’è nemmeno l’ombra dell’idea che p.e. la CO2 sia
utilizzata come concime ecc. ecc. in un sistema integrato di riduzione dei
consumi di acqua energia e inquinamento che il metodo rappresentato fa sorridere.
Poi si comprende benissimo la domanda di quel ragazzino di
quarta elementare che alla fine della visita chiede all’insegnante: se pianto
un panino, cresce il frumento? Eh, già….
Nessuno di quelli che hanno inventato la sceneggiata della Valle
della Biodiversità ha il coraggio di informare il ragazzino che il pomodoro o
la fragola che mangia alla mensa scolastica sono cresciute idroponicamente in
una serra del Neghev o sulla sabbia di Camarina.
Come andare avanti con la Valle della Biodiversità?
Adesso però il problema della Valle della Biodiversità è quello
di ripetersi negli anni a venire. Come ripetere l’exploit degli 80mila
visitatori ad Astino ?. Come trovare i 200 mila euro che costerà mantenere
quella sceneggiata perché di rappresentazione senza gambe si tratta ?.
Personalmente quando vedo questi interventi e leggo di 80mila
persone che hanno invaso Astino in cinque mesi resto esterrefatto: un’aggressione
del genere è incompatibile per quel posto. Basta solo immaginare che ciascuno
di loro abbia fatto una sola “pipì” per capire l’assurdo rispetto ad un posto
dove –quando funzionava appieno- al
massimo ci stavamo non più di 200 persone. 200 persone che lavoravano e li
mangiavano: punto e basta.
Astino può reggere solo se viene ricostruito il paesaggio
agrario che era giunto fino a noi negli anni ’50. Poi questo insieme viene
coltivato e mantenuto come modello, così come vengono mantenuti i quadri in un
museo. Questo viene goduto con accessi limitati e con bassissimi consumi
energetici. Altrimenti se vogliono fare diventare Astino un sistema da
sfruttare industrialmente, salta per aria tutto: prima di tutto per i costi non
rientrabili.
E l’Orto Botanico di Curno?
Già la posizione di questo spazio crea meno problemi di Astino.
E’ uno spazio già dotato di parcheggi, facilmente accessibili dalle grandi vie
di comunicazioni coi bus. Già servito dall’ATB. Già dotato di strutture
ricettive più che sufficienti e in grado di migliorare ancora il reddito del
paese. Vi si può realizzare un impianto solare ad accumulo senza vincoli che
non siano il buonsenso. Può essere un luogo di informazione come un luogo
di riposo. Può stare a fianco di una
scuola agraria ed assieme al Vivaio e al Nucleo Anticendio.
Cioè sarebbe in grado di “guardare al futuro” anziché reinventare
un passato fasullo e ormai inesistente.
Potrebbe mostrare come vengono coltivate le mille specie
alimentari OGGI anziché raccontare la balla della fragolina di bosco.
Potrebbe far capire come esista la “buona tecnica” che rispetta
la natura anche se vuole sfamare sette miliardi di persone anziché suggerire
che se si torna all’orticello, avremo risolto il problema della fame.
Ma una struttura del genere, proprio per la presenza nei
dintorni di un centro commerciale, di una multisala, dell’asse interurbano diventa
un “motore di sviluppo” ecologico del nostro paese. Non un mero costo che
gratifica il politico di turno e la sciura col cagnolino che confonde FEO con
la natura.
Discorsi e speranze inutili le nostre.
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