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Pagina 47 - La Valle della Biodiversità e l'Orto Botanico di Curno








L’Orto Botanico a Curno.
Un’occasione persa dai piccini piccini politici indigeni.

Dal 1997 Curno ha un vasto spazio tra il centro storico e il centro commerciale, di lato del Vivaio Forestale destinato a Orto Botanico. La destinazione della zona, che nelle intenzioni doveva-dovrà sommarsi e unirsi a quella del vivaio della Regione Lombardia, era quella di allestire, su progetto europeo ed con fondi europei, di un Orto Botanico. Complessivamente le due aree ammontano a circa sei ettari: si sarebbe quindi trattato dell’orto botanico di maggiori dimensioni dell’intera regione.
La definizione di “orto botanico” era ed è del tutto generica dal momento che attraverso un concorso di progettazione internazionale,  si sarebbero colti sia gli indirizzi generali che i particolari concreti.
Un concorso ancora tutto da costruire al tempo.
Vi erano diverse idee, non ultima quella di recuperare tutte le varietà vegetali destinate all’alimentazione, all’opera e all’arredo presenti nella terra lombarda e fare diventare quell’area un campo scuola realizzato in forma artistica piuttosto che in normali e banali appezzamenti in cui erano allevate la varietà A col suo bel cartellino, la varietà B col suo bel cartellino, ecc. ecc. modello tipico dei vecchi orti (anche quelli domestici: ma li c’era un problema di disponibilità di spazi).







L’idea ce la scippano a Bergamo
Nel 1997 ovviamente non era neppure all’orizzonte l’idea che a Milano si sarebbe potuta tenere un EXPO 2015 – Nutrire il pianeta – Energia per la Vita  e in quel periodo  sia l’Orto Botanico di Bergamo che Astino  nemmeno erano dell’idea di EXPO 2015.
L’Orto Botanico “Lorenzo Rota” di Bergamo si stava mettendo solidamente in piedi cercando una propria strada con la direzione ben conscia che  sebbene la posizione fosse invidiabile, la  microscopica dimensione del Lorenzo Rota era castrante fin dall’inizio. Non era all’altezza di una città come Bergamo.
Astino era ancora un rudere abbandonato assediato dalla monocoltura maidicola.
Il cambio di proprietà della vasta zona attorno al monastero passata dai privati alla MIA ed il successivo restauro che pubblico e privati hanno investito il monastero stesso lo ha condotto alla soglia di EXPO 2015 come occasione per inserirsi nel corso di quella manifestazione, anche perché … le idee di riuso tante ma i soldi disponibili assai pochi, in massima parte consumati dal costosissimo restauro.

L’Orto Botanico nel PRG di Curno
L’Orto Botanico viene inserito nel PRG di Curno con una Variante da parte della Lega e questo suscita immediatamente la reazione negativa del PCI che ormai aveva delegato la sua politica urbanistica  all’attuale vicesindaco arch. Conti, figlio di un  piccolo artigiano edile locale.
L’area dell’Orto Botanico era-è di pertinenza  di una azienda agricola zootecnica sui cui edifici rurali –di forte impatto strutturale- erano già allora fortemente concentrati gli interessi edilizi di due soggetti politicamente assai schierati (sono anche della stessa classe  di nascita ) da secoli bene addentro all’amministrazione comunale.
L’Orto Botanico  di Curno navigherà e sta ancora navigando nell’ignavia se non nella piena avversione della politica curnese.  Io propendo per la seconda. “Dipinto” sulla carta resterà per sempre tale, una sorta di foglia di fico a mascherare le  varianti edificatorie via via introdotte nel piano secondo la consolidata prassi di stile democristiano per cui l’edificazione va controllata e spartita “equamente” tra le parti in gioco (male che vada si fa una crisi al comune…) mentre il verde –che si chiami Orto Botanico o verde agricolo o Parco del Brembo- sono gli specchietti  per gli elettori-allodola.
Ne parlano sempre ma non muovono una foglia.

Torniamo alla Valle della Biodiversità
Invece l’avvicinarsi in parallelo di EXPO 2015-Nutrire il Pianeta e  la fine dei lavori di restauro del Convento di Astino  indice gli attori della partita alla creazione di un segmento  pro-Expo che si concretizza nella Valle della Biodiversità (ed in altre iniziative piuttosto mondane dentro e attorno al monastero).
La Valle della Biodiversità occupa un campo a NO del monastero che si incunea verso la collina, nel cui bosco ci sono ancora le gallerie per scavare il ferretto (una specie di pietra serena colorata di rosso per la presenza di argilla) con cui vennero edificati sia il monastero e probabilmente anche parte dei palazzi di Città Alta.
L’obiettivo annuale è presentare nei 9.000 m2 a disposizione 300 specie con almeno 1500 varietà che variano a seconda delle stagioni e delle programmazioni, dalle più rustiche alle tropicali in vaso.
Il progetto è stato realizzato grazie all’Accordo di Programma sottoscritto da Comune di Bergamo, Regione Lombardia, Parco dei Colli, Fondazione Mia e Società Valle d’Astino, con numerosissime collaborazioni con diverse realtà del territorio e il sostegno del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. E per sottolineare questo nuovo legame con il patrimonio naturale, storico e culturale di Astino.
Dal 14 maggio 2015, giorno di inaugurazione, questo spazio è stato visitato da 28.000 persone. L’intero complesso è stato  visitato da circa 80.000 persone.

Scrive il Corriere che per la MIA –a fine ottobre 2015- è anche il momento dei bilanci: sono usciti 150 mila euro per le mostre, 15 mila per gli eventi e 65 mila per il parcheggio (il cui recupero ne costerà altri 30 mila); sono entrati 35 mila euro dalla Fondazione Banca Popolare e 100 mila (il doppio del previsto) tra affitto e percentuale sugli incassi. «I 125 mila euro che mancheranno in cassa sono soldi che siamo contenti di avere speso per ridare Astino ai bergamaschi - assicura Bombardieri (presidente della MIA, proprietaria di Astino)  -. Non so se anche l’anno prossimo ci sarà la ristorazione: aveva senso legata all’Expo. E se riprenderemo i lavori non potremo far entrare la gente in un cantiere. Ma un modo per tenere Astino aperto lo troveremo».

Ora cala il sipario dell’esposizione universale e l’ex monastero tornerà visitabile nei fine settimana, finché le risorse lo permetteranno. Fabio Bombardieri, presidente dell’Opera Pia Misericordia Maggiore (Mia), la fondazione che detiene il 100% della Valle d’Astino srl, ha chiesto una proroga per il parcheggio provvisorio. Ma il Parco dei Colli, che formalmente non ha ancora risposto, sarebbe intenzionato a negarla, anche per dare un segnale chiaro. La richiesta verrà rinnovata questa settimana alla prossima riunione per l’accordo di programma sul futuro di Astino, che dovrebbe essere varato entro fine anno. La Mia insisterà per la proroga in vista della costruzione di un parcheggio definitivo «il più possibile ecocompatibile». Domanda numero uno: è fattibile con le restrizioni del Parco dei Colli? Per «verde» che sia, rimarrebbe sempre il poco ecocompatibile viavai delle auto.
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Delusione sommata a delusione
Come ci ha deluso (ma era prevedibile conoscendo gli attori e gli interessi implicati…) l’abbandono da parte della politica curnese dell’idea del nostro “Orto Botanico” ci ha deluso anche la Valle della Biodiversità.
A Curno i politici verdi, rossi e azzurri sono ben convinti che con la “cultura non si mangia” tanto è vero che biblioteca e orto botanico sono arenati mentre il piano del diritto allo studio, che distribuisce molti soldi per trasporti libri corsi, quello è sempre bene “imbottito” . “Cultura” a Curno sono  gli autobus della Fiat, i carburanti della Esso, i libri scolastici della Mondadori, i corsi per gli handicappati delle varie coop bianche/rosse(rose/ ecc.
Dove i nomi Fiat o Esso sono puramente indicativi.
Della Valle della Biodiversità ci ha deluso la pochezza complessiva.
Non sono mancati sopratutto i soldi ma soprattutto “il fai da te” in questi campi ti manda a ramengo.
L’errore di fondo è quello di considerare l’orto botanico (e tutto quel che ruota attorno) come un’aula scolastica per piccoli e adulti curiosi. Poi c’è sempre da guadagnare qualcosa se in città arrivano scolaresche o frotte di adulti curiosi.
La “moda”… che si legge benissimo (anche) nelle due signore che  visitano con cane al seguito: hanno scambiato l’happyhour con la cultura. Per non parlare delle iniziative dentro il monastero.
Tutta Astino è stata all’insegna dell’ambientalismo modaiolo. Quello di RAI3-GEO.
Dalla banalità delle aiuole “sopraelevate” alla tremenda idea della stradina fino ai due pre-fabbricati ornati/mascherati in stile finto cino-jap. O il tondo con  la scritta PAX: boh?
Poi diciamo che sostanzialmente è TUTTO un falso.
Un falso perché oggi la coltivazione delle varietà non avviene più come mostrate e  realizzate in quel posto.
Quel modello racconta la favola della massaia che si fa l’orticello senza nemmeno sapere che piante pianta così com’è simile ai vasi di verdure profumate che l’impiegata o la professoressa tengono sul balcone fuori dalla cucina.
Nessuno di quegli 80mila visitatori probabilmente ha mai mangiato un frutto coltivato in quel modo.
Li dentro non c’è nemmeno l’ombra dell’idea che p.e. la CO2 sia utilizzata come concime ecc. ecc. in un sistema integrato di riduzione dei consumi di acqua energia e inquinamento che il metodo rappresentato fa sorridere.
Poi si comprende benissimo la domanda di quel ragazzino di quarta elementare che alla fine della visita chiede all’insegnante: se pianto un panino, cresce il frumento? Eh, già….
Nessuno di quelli che hanno inventato la sceneggiata della Valle della Biodiversità ha il coraggio di informare il ragazzino che il pomodoro o la fragola che mangia alla mensa scolastica sono cresciute idroponicamente in una serra del Neghev o sulla sabbia di Camarina.

Come andare avanti con la Valle della Biodiversità?
Adesso però il problema della Valle della Biodiversità è quello di ripetersi negli anni a venire. Come ripetere l’exploit degli 80mila visitatori ad Astino ?. Come trovare i 200 mila euro che costerà mantenere quella sceneggiata perché di rappresentazione senza gambe si tratta ?.
Personalmente quando vedo questi interventi e leggo di 80mila persone che hanno invaso Astino in cinque mesi resto esterrefatto: un’aggressione del genere è incompatibile per quel posto. Basta solo immaginare che ciascuno di loro abbia fatto una sola “pipì” per capire l’assurdo rispetto ad un posto dove –quando funzionava  appieno- al massimo ci stavamo non più di 200 persone. 200 persone che lavoravano e li mangiavano: punto e basta.
Astino può reggere solo se viene ricostruito il paesaggio agrario che era giunto fino a noi negli anni ’50. Poi questo insieme viene coltivato e mantenuto come modello, così come vengono mantenuti i quadri in un museo. Questo viene goduto con accessi limitati e con bassissimi consumi energetici. Altrimenti se vogliono fare diventare Astino un sistema da sfruttare industrialmente, salta per aria tutto: prima di tutto per i costi non rientrabili.


E l’Orto Botanico di Curno?
Già la posizione di questo spazio crea meno problemi di Astino. E’ uno spazio già dotato di parcheggi, facilmente accessibili dalle grandi vie di comunicazioni coi bus. Già servito dall’ATB. Già dotato di strutture ricettive più che sufficienti e in grado di migliorare ancora il reddito del paese. Vi si può realizzare un impianto solare ad accumulo senza vincoli che non siano il buonsenso. Può essere un luogo di informazione come un luogo di  riposo. Può stare a fianco di una scuola agraria ed assieme al Vivaio e al Nucleo Anticendio.
Cioè sarebbe in grado di “guardare al futuro” anziché reinventare un passato fasullo e ormai inesistente.
Potrebbe mostrare come vengono coltivate le mille specie alimentari OGGI anziché raccontare la balla della fragolina di bosco.
Potrebbe far capire come esista la “buona tecnica” che rispetta la natura anche se vuole sfamare sette miliardi di persone anziché suggerire che se si torna all’orticello, avremo risolto il problema della fame.
Ma una struttura del genere, proprio per la presenza nei dintorni di un centro commerciale, di una multisala, dell’asse interurbano diventa un “motore di sviluppo” ecologico del nostro paese. Non un mero costo che gratifica il politico di turno e la sciura col cagnolino che confonde FEO con la natura.
Discorsi e speranze inutili le nostre.


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